Perché bambini e ragazzi sembrano in alcuni momenti così a disagio quando passano una giornata in fattoria didattica? Perché appaiono così irrigiditi sia nel modo di muoversi che in quello di pensare?
Io: <Bambini, oggi cucineremo insieme un bel minestrone. Che piante ci mettiamo dentro?>
Bambini: <Ma le piante non si mangiano!>
Io: <Ah, ma allora il minestrone con cosa si fa?>
Bambini: <Con le verdure!>
Ed eccomi subito cacciata in due enormi problemi: cosa significa la parola “piante” e che differenza c’è tra la frutta e la verdura?
Insomma, perché l’uscita in campagna risulta così estranea, come se a viverla fossero davvero degli esseri provenienti da un mondo alieno?
Accanto ai ragazzi i loro gli insegnanti che, non più mimetizzati nel loro normale habitat, concorrono a definire un quadro che presenta alcuni nodi critici.
Partendo dalle osservazioni raccolte in dieci anni di attività in Fattoria, analizzando libri per ragazzi e cartoni animati, smascherando gli stereotipi associati al mondo rurale, gli autori, con un linguaggio accattivante che spazia dallo scientifico all’ironico, ma sempre diretto e chiaro, cercano di capire e spiegare alcune criticità dei modelli di trasmissione del sapere e intanto raccontano e indagano il significato, il valore, i limiti e le potenzialità di nuovi contesti educativi: le fattorie didattiche, gli agriasili, gli agrinido.
Molti genitori probabilmente vorrebbero poter osservare i propri figli senza essere visti, verificarne le reali competenze e soppesare direttamente metodologie e strumenti a cui è affidata la loro formazione.
Molti insegnanti probabilmente saranno curiosi di sentirsi raccontati da un punto di vista insolito e senz’altro inatteso. Molti operatori di Fattorie Didattiche e educatori in genere probabilmente sono in cerca di spunti e suggerimenti. A molti si rivolge questo libro che è nel contempo un diario, uno studio, una denuncia, un appello.